© MASTROBERARDINO
SOCIETA’ AGRICOLA SRL
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ATRIPALDA (AV)
E’ fondamentale comprendere per ognuno dei vitigni autoctoni campani le differenze e le risposte a diverse impostazioni in fase d’impianto del vigneto. Ogni vitigno risponderà diversamente a maggiori o minori fittezze d’impianto, a diversi sistemi di potatura ed avrà anche differenti risposte in base alla maggiore o minore insolazione legata all’orientamento dei filari.
La conoscenza dei suoli e della loro influenza sull’espressione del terroir è una condizione essenziale per la corretta gestione di una tenuta viticola. L’Azienda Mastroberardino, facendo sua questa idea, ha avviato da oltre un decennio un’indagine finalizzata alla caratterizzazione dei suoli delle proprie tenute e alla valutazione delle loro relazioni con lo sviluppo e la produzione dei vigneti.
Rientra nel lavoro di caratterizzazione delle singole tenute aziendali anche la redazione di mappe di dettaglio riportanti le diverse esposizioni ed altitudini, funzionali alla corretta gestione e comprensione dei risultati qualitativi.
Sono in corso da anni sperimentazioni sui diversi vitigni con l’obiettivo di valutare le risposte a pratiche di potatura verde (sfogliature precoci, diradamenti, cimature) in modo da ottimizzare i risultati qualitativi delle produzioni.
Nell’ottica della conoscenza puntuale e dell’approfondimento sul tema della biodiversità sono allo studio mappe di caratterizzazione della vegetazione ricadenti nelle tenute aziendali, funzionali alla fruibilità di percorsi e sentieri naturalistici.
La scelta del portainnesto rappresenta un momento importante in viticoltura per il ruolo che riveste come mediatore tra condizioni pedoclimatiche e caratteristiche varietali e per la capacità di influenzare in via definitiva il comportamento del vitigno.
In passato il sesto d’impianto maggiormente adottato era 2,80 x 1,50 che determina una densità d’impianto di 2.380 piante/ha e i portinnesti adottati in prevalenza erano il 1103 Paulsen (Berlandieri x Rupestris) e l’SO4 (Berlandieri x Riparia).
Con l’incremento delle densità d’impianto (minimo 4.000 piante/ha con sesto 2,5 x 1 mt) ci si è orientati verso portinnesti a bassa vigoria privilegiando il 420A (Berlandieri x Riparia).
L’azienda vitivinicola Mastroberardino ha intrapreso da circa un ventennio indagini aventi per oggetto lo studio di vigneti centenari del vitigno Aglianico. Si tratta di viti a piede franco, sopravvissute all’attacco della fillossera degli inizi del ‘900, perché a dimora in terreni molto sciolti e sabbiosi, circondati da boschi di querce e castagni.
Tali vigneti hanno costituito la base ideale per approfondire la conoscenza sulle caratteristiche di questo vitigno, tra i più antichi e nobili del nostro Paese e dell’intero panorama viti-enologico mondiale.
Ne è scaturito un progetto di ricerca il cui obiettivo è l’individuazione, classificazione e registrazione di antichi biotipi di Aglianico di Taurasi, che, al termine del recupero avviato, potranno dare un apporto migliorativo all’espressione qualitativa del vitigno.
La selezione è partita negli anni Novanta, con un biennio di osservazioni, individuando i biotipi con le caratteristiche migliori all’interno dell’antica vigna: il materiale recuperato dalle viti centenarie ha costituito la base di partenza per la successiva selezione clonale.
Da circa 30 differenti biotipi hanno pienamente superato il test di selezione solo due biotipi, perfettamente sani e dotati di caratteri di particolare pregio.
Le caratteristiche agronomiche distintive di questi cloni selezionati sono: grappolo medio-piccolo, spargolo, acino medio, buccia spessa, fertilità contenuta. In fase di maturazione si raggiunge un elevato tenore in antociani, con una composizione equilibrata in tannini e polifenoli ed ottima resistenza alla botrite.
Nel 2004 i biotipi individuati sono stati messi a dimora in un vigneto sperimentale nella tenuta di Mirabella Eclano e partendo da tale vigneto, situato nella tenuta del Radici Resort proprietà della famiglia Mastroberardino, nel 2008 si è avuta la prima piccola raccolta destinata alla produzione di un vino, il RediMore Irpinia Aglianico DOC, che rappresenta l’apertura di una nuova prospettiva per il vitigno Aglianico e per il territorio irpino.
Aspetto unico di questo progetto di ricerca è l’omologazione dei due cloni che hanno superato la selezione. Questi porteranno il nome dell’esponente della famiglia Mastroberardino che nel corso della propria attività professionale si è massimamente impegnato nel recupero, nella tutela e nella valorizzazione dei vitigni autoctoni campani, generando il movimento di rilancio della viticoltura nativa in tutto il Mezzogiorno d’Italia: saranno dunque denominati “Antonio Mastroberardino VCR 418” e “Antonio Mastroberardino VCR 421”, quale giusto tributo al Cavaliere del Lavoro Antonio Mastroberardino.
Usiamo in cantina tecniche innovative applicate nella produzione del vino mirate a ridurre l’impatto ambientale, a svolgere interventi puntuali per conseguire il miglior risultato, a modulare tutti i processi in senso di miglioramento dell’efficienza e riduzione degli sprechi.
9.1 Utilizzo della flottazione per l’illimpidimento del mosto
Consente di modulare il livello di limpidità desiderato senza raffreddare il mosto e senza impiego di risorse energetiche tradizionali e con successo anche nei casi più difficili, come il Greco di Tufo.
9.2 Utilizzo di tecnologie e coadiuvanti ad elevata specificità
9.3 Uso di gas inerte per la protezione dei vini dal contatto